Oggi, come sempre, montagne russe, due eventi super positivi, annunciazioni ad amici vari (che per fortuna esistono) fomento a mille (forse immotivato). Una giornata quasi perfetta, c'era anche il sole e zero inquinamento per l'occasione, mi ci aveva quasi fatto credere, peccato.
Alla fine si torna sotto terra, dove non si respira, con le solite accuse che sento da quasi un anno a questa parte, che sto sbagliando tutto, che sto inseguento una farfalla che è sta già morendo.
Sto fuggendo proprio da lei, in realtà. E' già scritto che la mia condanna sarà doverla tenere in mano quando chiuderà gli occhi per sempre.
La mia realtà adesso è una bolla - bellissima - che non mi fa pensare a nulla, che mi fa credere di essere utile a qualcun'altro (e a me stessa), e mi fa guardare a domani con speranza.
Il futuro a lungo termine non posso permettermelo, è dal 2003 che per me è solo un lusso.
Anche queste bolle, tante piccole e colorate, sono attimi preziosi frutto di scelte, di fortuna che sto vivendo e di cui sto pagando un carissimo prezzo.
Sono una persona estremamente ordinata, anche troppo, perchè quello che più vorrei mettere a posto non potrò mai farlo, nemmeno volendo. Oramai è un disturbo compulsivo-ossessivo.
E quello che mi fa maggiormente incazzare è che non solo sola.
Che in questo momento anche altre persone straordinariamente coglione come me non riescono a dormire, hanno la bocca dello stomaco chiusa e il mal di testa che gli trapana la tempia.
Non gli passerà, tireremo avanti, ma fino a quando?
Penso che prima o poi ci sarà una ribellione dal nostro corpo, come ha provato a dirmi il mio negli ultimi mesi, "ci siamo trasformando in qualcosa di orrendo e non ne abbiamo il controllo, anche se mangiamo le stesse cose", magari me la sono cercata. No, non c'entra la pollution.
Ci sta succedendo in molti, è il tempo, e la risposta è si: essere adulti è una merda 9 giorni su 10, l'unico giorno buono è merito dell'alcool o di una distrazione temporanea. Nemmeno ridiamo più come prima, senza uno schermo di supporto è impossibile e comunque rimane sempre un'azione intangibile (anche incomprensibile se sei in un paese con una lingua diversa).
I bambini sono fortunati perchè passano la vita a immaginarsi da grandi, come supereroi dei cartoni o principesse bellissime, cambiano idea ogni giorno e se si sentono diversi o un pochino male, piangono, hanno tutto il tempo per capire come uscirne, cadono per terra e sono quasi di gomma. Peccato che questi "privilegi" li si comprenda solo dopo, quando spariscono e gli anni degli adulti si contano sui volti di nuovi bambini che crescono a vista d'occhio, mentre noi cretini ci ritroviamo a fare foto ad un ricordo e vengono pure sfocate.
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Myazaki, campagne simili a quelle intorno casa, una bambina coi capelli corti, vestito giallo, il mio colore preferito. |
Tornare a casa a Natale, gli abbracci e il cielo blu, sempre uguale, le dimensioni mentali che non corrispondono più a quelle reali, oramai la mia testa è settata in verticale con le altezze vertiginose di questa città, e invece ritrovarsi nelle campagne larghe e verdi, questo ci voleva.
Tutto passa e tutto torna, avevo paura di avere uno shock invece è stato tutto automatico, come se non l'avessi mai lasciata quella stanza, quel camino, le foglie cadute e le chiacchiere, gli abbracci, la bellezza delle sue rughe e lei che continua a sorridere e a parlare al presente di te, non è cambiato niente. Le stanze però sono vuote, il cuore ristagna sempre sulla stessa immagine. E i racconti, i regali, sempre troppo pochi, che non arrivano a descrivere con chiarezza come sia davvero essere così lontani. Ce lo siamo detti senza parole, con gli occhi. E' dal 2014 che questo linguaggio mi è oramai chiaro. Ho sempre cercato la meraviglia, la felicità nel viaggio, nell'esplorazione ed invece era tutto li dentro, un intero universo che non avevo mai guardato veramente.
Un viso più stanco di due mesi fa, provato, ancora felice nonostante tutto. Le mie mani fredde, i suoi piedi caldi. I progetti perennemente più grandi, imprevedibili. La paura (mia) che diventeremo due rette parallele che non si incontrano mai (o solo a volte), il tempo come mannaia, le scelte e i cambiamenti come meta. L'odio del vedere gli stessi ostacoli, insormontabili davanti e il non sapere davvero come uscirne, perchè nemmeno io l'ho mai fatto veramente. E poi Rebibbia, di nuovo. Il mammuth di Zerocalcare sta sbiadendo, come i nostri sguardi un po' più persi. Termini alle 5 di mattina era perfetta, vuota, sorprendentemente ammodernata, macchinette touchscreen e controllori, gente che si mette in fila (ma quando mai?). Il non saper bene cosa dire e allora altra immagine sgranata della nostra collezione, non so quando sarà la prossima, stavolta non scherzo perchè ci si sta mettendo tutto in mezzo e non è solo una questione di soldi. Vedremo. Azzerare le paure, camminare, respirare, chiudere gli occhi, ce la faremo ancora. Puntini di sospensione. Sospensione che mi ammazza, ma tant'è. La colpa è mia, della malattia del viaggio, del non accontentarmi mai, un condanna, un destino, ancora non lo so.
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Ciminiera vicino stazione Termini |
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gazometro di Ostiense |
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Shanghai, Huangpu District dall'alto - foto lillipuziana |
E allo stesso tempo rifare il percorso all'indietro, sorvolare Shanghai e vederla per la prima volta dall'alto (a febbraio ero entrata solo in una nuvola grigia senza distinguere nulla). Le case bianche e grigie, i grattacieli del Bund che svettano, e poi casa, vicino al matitone "Tomorrow square", un nome pieno di promesse (di lusso) mantenute a caro prezzo, e 100 metri dopo, case in demolizione, stanzini trasformati in bettole per mangiare wanton bollenti a 8 yuan e vicino a te una vecchietta che li sta facendo a mano, uno a uno. Le contraddizioni della modernità e la cinesità che alla fine riemerge comunque, con uno scozzo, con i pantaloni col buco dei bambini, con i mercatini per strada dove tagliano carne e pesce con la stessa mannaia, su un tavolaccio che gronda sangue. E poi l'espressione sorpresa delle mie pesti che pensavano li avessi abbandonati e invece sono tornata, appena in tempo per lo sfascio di capodanno, totalmente a caso, dopo una giornata di lavoro ordinaria e tanto mal di testa per il jetlag.
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Shanghai, interno notte, luci e grattacieli - quasi America, ma anche no. |
La notte, il buio e le forme, le mille luci che di giorno sono pacchiane ma che ora ti indicano la via, dall'alto guardano l'angolo della strada coi venditori ambulanti di spiedini e il fumo sale, gli sgabelli sono sempre troppo pochi per tutta la calca presente, c'è il tempo per una chiacchiera, per il solito complimento "il tuo cinese è molto buono" oramai frase standard per chiunque ti vuole vendere qualcosa, accompagnata da un sorriso sdentato. I giovani cinesi che mi raccontano della loro vita in Australia e USA, con relativo accento migliore del mio, alla Super Mario, e poi uno scantinato senza fronzoli, solo musica e un bancone bar disordinato, mi sento a casa. Sto per ordinare qualcosa ma S. e M. mi trascinano nel mucchio per continuare a ballare. Qua nessuno viene nel solito Ferrari d'ordinanza, è solo un grande macello, ci teniamo per mano per non perderci.
E' troppo tardi, volente o nolente, oramai faccio parte di questo posto, e spazio per il resto c'è stato, stupida me, sempre e solamente dentro la mia testa. Ed è ora di vomitarlo fuori.
Supports my head, gives me something to believe
That's me on the beachside combing the sand
Metal meter in my hand
Sporting a pocket full of change
That's me on the street with a violin under my chin
Playing with a grin, singing gibberish
That's me on the back of the bus
That's me in the cell
That's me inside your head
That's me on the beachside combing the sand
Metal meter in my hand
Sporting a pocket full of change
That's me on the street with a violin under my chin
Playing with a grin, singing gibberish
That's me on the back of the bus
That's me in the cell
That's me inside your head
That's me inside your head
That's me inside your head
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