Loro sono i "Book Block", così il collettivo di scrittori Wu Ming ha ribattezzato gli studenti che in questi giorni avanzavano corteo dopo corteo issando "scudi letterari", simboliche paratie difensive con i nomi dei classici più famosi, impossibile non notarli, "avete visto - buttano lì ironici i ragazzi - come la polizia manganellava la nostra Costituzione?". Don Chisciotte e Satyricon, il Decamerone e L'Isola di Arturo, Cent'anni di solitudine e il Principe di Machiavelli, Gomorra ma anche Il Sole nudo di Asimov e Q di Wu Ming (quando firmavano ancora Luther Blissett), la biblioteca della guerriglia letteraria è una babele di titoli e di echi di cui sembra impossibile tracciare un filo rosso.
Per Luca Serianni, ordinario di Storia della Lingua Italiana all'università La Sapienza, gli scudi letterari hanno due facce, "una positiva e l'altra negativa". "L'elemento positivo - dice Serianni - è che a giudicare da questi titoli i classici sono libri che restano stabilmente nell'immaginario, che si siano letti o no, sembrano essere una sorta di bene rifugio a cui attingere sempre, quando si vuole dire o sostenere qualcosa. E questo è confortante. Il lato negativo è che molte di queste citazioni mi sembrano echi scolastici, letture consigliate, e dunque difficilmente amate. Però il messaggio pubblicitario funziona, è efficace. Di certo non sono letture generazionali, sembrano uscite più dall'immaginario anni Sessanta e Settanta dei loro genitori che non dall'esperienza diretta dei ragazzi. Ma questo è relativo: gli studenti sanno che Don Chisciotte esiste, ne conoscono la simbologia, e la utilizzano. Appunto: vedere un agente picchiare Don Chisciotte fa una certa impressione... In ogni caso - aggiunge Serianni - credo che questo gioco letterario sia figlio di una minoranza che legge, una minoranza che resta tale nel tempo".
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Non sono potuta andare a manifestare, ma come scudo avrei scelto:
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